“Se questo è un uomo” di Primo Levi
“Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.”
Questi sono i versi della poesia di Primo Levi che, prigioniero nel campo di Auschwitz, mostra tutta la sua rabbia nei confronti di quanti avrebbero potuto evitare quell’orrore e che invece sono rimasti immobili lasciando che accadesse.
Per non dimenticare – questo è il titolo che ho voluto dare a questo breve reportage in tre parti realizzato per non dimenticare l’orrore del nazismo e in particolare, in questo articolo, per non dimenticare quanto accaduto nel campo di concentramento di Dachau, a pochi chilometri da Monaco di Baviera. Avendo visitato il sito memoriale, ho potuto vagamente constatare con i miei occhi, o forse sarebbe meglio dire lontanamente immaginare, la realtà in cui donne e uomini innocenti furono obbligati a “sopravvivere”, nella migliore delle ipotesi, a causa della follia omicida di Hitler e dei suoi gregari.
Il 27 gennaio sarà la Giornata della Memoria, ricorrenza internazionale per commemorare tutte le vittime del Nazismo, dell’Olocausto e in onore di tutti coloro che in ragione di ideali di giustizia e pace hanno sacrificato la propria vita per proteggere i perseguitati. Perchè questa data? Perchè il 27 gennaio 1945 furono abbattuti i cancelli di Auschwitz in Polonia e fu dato inizio alla liberazione di tutti i prigionieri da parte dell’esercito americano e quello sovietico.
L’orrore ha inizio nel piccolo paesino di Dachau, a circa 15 km a nord-ovest di Monaco, in Baviera. Qui il 21 marzo del 1933, nella rivista Munchner Neuesten Nachrichten, apparve con freddezza agghiacciante la seguente notizia firmata da Heinrich Himmler, capo delle SS nonchè capo della Polizia della città di Monaco:
“Mercoledì 22 marzo 1933 verrà aperto nelle vicinanze di Dachau il primo campo di concentramento.
Abbiamo preso questa decisione senza badare a considerazioni meschine, nella certezza di agire per la tranquillità del popolo e secondo il suo desiderio.”
Veniva così aperta la strada alla creazione del primo campo di concentramento voluto dal governo nazional – socialista (nazista). Venne scelto come luogo per la sua costruzione il terreno di una ex fabbrica di munizioni in disuso, la vecchia “Königlichen Pulver und Munitionsfabrik Dachau” – la “Fabbrica reale di polveri e di munizioni di Dachau”, costruita durante la prima guerra mondiale.
I primi prigionieri cominciarono ad arrivare il 22 marzo 1933. Si trattava principalmente di comunisti, sindacalisti, oppositori del partito; successivamente si aggiunsero: omosessuali, zingari, persone ritenute asociali e insomma tutti coloro che, nell’ottica di Hitler, costituivano una minaccia per lo stato nazista. Solo in un secondo momento sarebbero arrivati anche gli Ebrei. A partire dal 1937, le SS, sfruttando tutti coloro che erano stati internati, cominciarono la demolizione della vecchia fabbrica di munizioni e la sostituirono con un grande complesso di edifici che avrebbe portato nel 1938 al completamento del progetto del campo di concentramento, che sarebbe rimasto immutato fino al 1945.
Il lager formava un rettangolo di circa 300 metri di larghezza e oltre 600 di lunghezza con ad ovest il campo di addestramento delle SS, i cui alloggi sono oggi occupati dalla polizia municipale di Dachau. Da questo luogo al campo di prigionia si arrivava percorrendo un lungo viale alberato al termine del quale era situato il “Jourhaus”, l’edificio di guardia del comando nonché principale accesso al campo.