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Nelle tantissime estati trascorse con ottimi amici nelle magnifiche valli dell’Alto Adige, uno dei simboli è sempre stato l’altipiano dello Sciliar sull’Alpe di Siusi con la montagna dello Sciliar che si stagliava maestosa davanti ai nostri masi. E una delle costanti è sempre stata quella della notte delle streghe.

Nei bellissimi paesi di Castelrotto, Siusi e Fiè, ogni estate, si festeggiava, e si festeggia tuttora, il rito della discesa delle streghe, a bordo della loro scopa, dalla loro “casa”, lo Sciliar, giù fino ai paesi della vallata.

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Si tratta di un bellissimo momento in cui grandi e piccini sono coinvolti in una caccia alla strega, alla ricerca di quella che regala più caramelle, e, se si è stati cattivi, si rischia di essere presi letteralmente a “scopettate” sempre, però, in un atmosfera gioiosa e affascinante.

Ma da dove arriva la leggenda delle streghe?

Un raccolto rovinato da grandine oppure da un periodo di siccità, la morte di un bambino o la perdita di un capo di bestiame, veniva subito imputato ad uno spirito maligno e quindi ad una strega. Si narra che, tra il 1506 e il 1510, nel castello di Presule, sede del tribunale di Fiè, sette donne sono state processate per stregoneria, costrette a confessare tra atroci tormenti e poi arse vive sul rogo.

Lo Sciliar era considerato il loro luogo di ritrovo. Ancora oggi, nei pressi della Bullaccia, si possono trovare i luoghi dove le streghe si riunivano e celebravano i propri riti: le panche delle streghe, ad esempio, sono formazioni rocciose che hanno la forma di poltrone. Una leggenda vuole che la strega più vecchia ed autorevole era solita sedersi su quelle panche per godere dello splendido panorama circostante.

Non solo streghe ma anche stregoni abitavano la zona, come ad esempio, Hans Kachler di San Valentino, che si racconta facesse festa con le streghe, fosse dotato di poteri straordinari e potesse comunicare addirittura con il diavolo.

Gli atti dei processi delle streghe, un tempo conservati negli archivi del Castello di Presule, si trovano oggi presso il Nationalmuseum di Innsbruck.

Mi piace pensare come queste storie siano state tramandate negli anni, di generazione in generazione, e come abbiano fatto e continuino a fare compagnia a grandi e piccini nelle fredde notti dello Sciliar.

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